I diritti dei bambini ai tempi del Covid-19: quali sfide per il futuro?

In vista della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebra il 20 novembre, il Gruppo CRC e Vita lanciano una settimana di appuntamenti online per fare il punto su come l’emergenza sanitaria sta impattando sui diritti delle nuove generazioni. Vi aspettiamo da lunedì 16 a venerdì 20 novembre alle 18, con le voci di operatori, esperti e rappresentanti istituzionali

Il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: un appuntamento che quest’anno, al di fuori di ogni retorica, deve ribadire la necessità che ci siano prioritariamente le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi dentro il campo visivo di chi sta immaginando il futuro e di chi sta organizzando la gestione del presente.

La Convention on the Rigths of the Child (CRC) ha compiuto l’anno scorso 30 anni e il Gruppo CRC, che oggi raduna 100 associazioni e che annualmente monitora in Italia l’attuazione di quei diritti, ne compie 20. Tanta strada è stata fatta, ma tanta ne resta da fare. «A inizio 2020 avevamo ipotizzato di ripercorrere nel Rapporto questi vent’anni, perché molte cose sono cambiate», spiega Arianna Saulini, portavoce del Gruppo CRC. «Dal punto di vista legislativo sono stati fatti grandi passi avanti, penso ad esempio alla legge che ha previsto il superamento degli istituti, a quella sulla pedopornografia, a quella sulla continuità affettiva. E molta giurisprudenza oggi fa riferimento alla CRC e al superiore interesse del minore. Ci sono ambiti invece in cui le carenze restano, come nella raccolta dei dati relativi alle persone di minore età vittime di violenza, quelle adottabili, quelle con disabilità».

Poi è arrivato lo tsunami del Covid-19, che ha aggravato criticità che già il Gruppo CRC aveva evidenziato in passato, a cominciare dal tema delle disuguaglianzeIl nuovo Rapporto così ha registrato anche l’impatto che la pandemia ha avuto su bambini e adolescenti, dalla loro lunga invisibilità al fatto che nessun livello istituzionale li abbia mai ancora ascoltati. «Abbiamo però raccolto la grande capacità di reazione dei territori, con tanti servizi che si sono reinventati per continuare a prendersi cura, mantenere legami, dare opportunità. E la situazione oggi, dal punto di vista della consapevolezza condivisa, non è la stessa di marzo», evidenzia Saulini.

Che fare? «Adesso è il momento di non disperdere le energie né le risorse, per disegnare politiche sociali e una scuola che investano sulle nuove generazioni. Serve una visione e un’azione strategica, misure strutturali e non estemporanee. Serve ripensare le competenze dei luoghi deputati a fare sintesi delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, alla luce delle nuove sfide. Solo un approccio olistico e sistemico che metta al centro l’impatto sui bambini e sui ragazzi di tutte le decisioni che stiamo prendendo può produrre la necessaria inversione di rotta rispetto al fatto che i più piccoli possano essere i più colpiti dalla pandemia».

Per riflettere e cercare insieme vie concretamente praticabili che rimettano davvero al centro bambini e ragazzi, il Gruppo CRC e Vita lanciano “CHILDREN’S WEEK. I DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA AI TEMPI DEL COVID19, QUALI SFIDE PER IL FUTURO?”: da lunedì 16 a venerdì 20 novembre, dalle 18 alle 19, ci incontreremo in diretta sulla pagina Facebook di Vita (@VitaSocialContent) con opertori, esperti e rappresentanti delle istituzioni. L’11°Rapporto sull’attuazione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia del Gruppo CRC (in foto la copertina) che verrà pubblicato il 20 novembre, ci guiderà negli incontri e ci aiuterà a fare il punto su tanti temi.

Hanno già confermato la loro presenza Lucia Azzolina, Elena Bonetti, Giuseppe Provenzano, Sandra Zampa, Steni Di Piazza, Chiara Giaccardi, Daniela Lucangeli, Marco Rossi Doria, Chiara Saraceno e tanti altri. Vi aspettiamo!

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

 

I diritti dei bambini ai tempi del Covid-19: quali sfide per il futuro?

Il Gruppo CRC compie vent’anni e in occasione del 20 novembre pubblica l’11° Rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che allarga lo sguardo sull’impatto della pandemia sui quasi 10 milioni di bambini e adolescenti che vivono in Italia. La crisi ha portato alla luce, aggravandole e dilatandole, le criticità che le 100 associazioni del network hanno già rilevato da anni: l’assenza dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nella cultura politico-amministrativa e nell’agenda politica e la mancanza di un coordinamento efficace in tale ambito. L’analisi si chiude come sempre con delle raccomandazioni rivolte alle istituzioni competenti per facilitare il cambiamento e fornire suggerimenti su come superare le criticità.

Il lancio del Rapporto avviene quest’anno on line e in partnership con Vita viene presentata la CHILDREN’S WEEK. I DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA AI TEMPI DEL COVID19, QUALI SFIDE PER IL FUTURO? dal 16 al 20 novembre, con 5 momenti di riflessione trasversale rispetto ai raggruppamenti tematici propri del Rapporto CRC, alla presenza di operatori, esperti e rappresentanti delle istituzioni.

Hanno già confermato la loro presenza Lucia Azzolina, Elena Bonetti, Giuseppe Provenzano, Sandra Zampa, Steni Di Piazza, Chiara Giaccardi, Daniela Lucangeli, Marco Rossi Doria, Chiara Saraceno e tanti altri.

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Lettera appello madri e bambini

Roma, 19 giugno 2020  

 Al Ministro della Giustizia 

On. Alfonso Bonafede 

Al Ministro dell’Economia e delle Finanze 

On. Roberto Gualtieri  

Al Presidente della Camera dei Deputati 

On. Roberto Fico  

Al Presidente della II Commissione Giustizia, Camera dei Deputati 

On. Francesca Businarolo 

Al Presidente della Commissione Bilancio 

On. Claudio Borghi  

  

Oggetto: lettera appello sulla condizione delle detenute madri e dei bimbi in carcere. 

Egregi Onorevoli, 

nelle scorse settimane, nell’ambito dell’emergenza sanitaria dovuta all’epidemia da Covid – 19,  Cittadinanzattiva ha richiamato più volte l’attenzione delle Istituzioni sulla condizione dei bambini  presenti, assieme a detenute madri, nelle strutture penitenziarie, ritenendo indispensabile l’adozione di  misure straordinarie rivolte a porli in sicurezza al di fuori del contesto carcerario. 

Secondo i dati più recenti del Ministero della Giustizia, al 31 maggio 2020 nel circuito  penitenziario risultavano essere presenti 30 detenute madri con 34 figli al seguito. Di questi, erano 11  le madri e 12 i bambini ristretti nelle sezioni nido delle case circondariali, mentre gli altri risultano tuttora  collocati all’interno degli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam). 

Nonostante nella fase emergenziale tali presenze si siano progressivamente ridotte, riteniamo  tuttora necessario adottare ulteriori interventi, dovendo la tutela della salute dei bambini prevalere su  ogni altra ragione o interesse pubblico e costituire l’unico criterio guida per la costruzione di misure  dedicate. 

Nella stessa ottica di tutela della salute psicofisica dei piccoli, occorre predisporre soluzioni  definitive e durevoli, che rimuovano gli ostacoli di natura giuridica ed economica ad oggi presenti, per  evitare che i bambini, una volta superata la fase dell’emergenza, tornino a fare ingresso in carcere. 

Su queste premesse si basano le proposte formulate dalla nostra Organizzazione in occasione  della discussione al Senato del DL n.28/2020, in parte recepite dall’emendamento 2.0.1/13, depositato  in Commissione Giustizia. L’emendamento prevedeva la realizzazione di nuove case famiglia protette,  idonee ad ospitare madri e bambini provenienti dal circuito detentivo, attraverso apposite convenzioni  tra il Ministero della Giustizia e gli enti locali.

L’approvazione della proposta avrebbe rappresentato una prima soluzione concreta, sia  nell’emergenza che al di là di essa, per consentire percorsi del tutto alternativi alla detenzione di bambini  e delle loro madri. 

Tuttavia, l’emendamento, con nostro grande rammarico, è stato successivamente ritirato e  trasformato in Ordine del Giorno che, come noto, rappresenta un semplice atto di indirizzo rivolto al Governo. 

Siamo consapevoli che sui temi della giustizia si giochi una partita particolarmente complessa  sul piano degli equilibri politici, ma siamo altrettanto convinti che la tutela dei soggetti più fragili, in  questo caso i bambini, debba prevalere su ogni altra ragione ed interesse. 

Per questo motivo riteniamo su questo terreno inaccettabili soluzioni di compromesso, inidonee  oltretutto a modificare anche solo parzialmente lo stato delle cose. È doveroso che le Istituzioni facciano  scelte decise ed assumano responsabilità concrete. 

Chiediamo, pertanto, che in fase di discussione del DL n.28/2020 alla Camera vengano recepite le  nostre proposte, che intervengono sui seguenti punti: 

  • in materia di custodia cautelare, per favorire l’esecuzione della misura custodiale applicata alle  donne incinte o madri di prole di età fino a sei anni presso case famiglia protette e in via  subordinata presso gli Icam; 
  • in materia di differimento obbligatorio e facoltativo dell’esecuzione della pena, aumentando la  soglia di età del minore e prevedendo che il periodo di differimento possa essere trascorso in  casa famiglia o, in via subordinata, in Icam; 
  • in materia di case famiglia protette, eliminando la previsione di cui all’art. 5 della legge n. 62 del  2011 che ne prevede la realizzazione senza oneri a carico dello Stato e che, ponendone  interamente i costi a carico degli enti locali, finora ne ha in massima parte impedito la  realizzazione e tal fine prevedendo un filone di finanziamento dedicato e reperendo le necessarie  risorse anche dai fondi a disposizione del Ministero della Giustizia. 

In attesa di un cortese riscontro, porgiamo cordiali saluti. 

 Antonio Gaudioso, 

Segretario generale di Cittadinanzattiva 

Sostengono il presente appello: 

Emma Amiconi, Presidente FONDACA – Fondazione per la cittadinanza attiva 

Stefano Anastasia, Garante regionale Lazio dei diritti delle persone detenute o private della libertà  personale 

Fabrizio Barca, Coordinatore Forum Disuguaglianze Diversità; consigliere Fondazione Basso 

Alessandro Bergonzoni, scrittore e autore teatrale

Andrea Bonini, giornalista 

Don Luigi Ciotti, Presidente Libera contro le mafie 

Alex Corlazzoli, giornalista e maestro 

Giuseppe Cotturri, autore, studioso di diritto e istituzioni politiche, già docente di sociologia dei fenomeni  politici – Università di Bari, già Direttore Centro per la Riforma dello Stato 

Nando Dalla Chiesa, sociologo, scrittore e Presidente onorario Libera 

Patrizio Gonnella, Presidente Associazione Antigone 

Giovanna Longo, Presidente Associazione A Roma insieme – Leda Colombini 

Maurizio Marcassa, Presidente Aics solidarietà 

Raffaela Milano, Direttrice programmi Italia – Europa, Save the Children 

Giovanni Moro, docente di sociologia politica, Università La Sapienza Roma  

Padre Gino Rigoldi, cappellano Istituto penale per minorenni Cesare Beccaria 

Enza Ruggiero, vice Presidente conferenza nazionale volontariato giustizia 

Chiara Saraceno, sociologa, filosofa e accademica 

Sergio Staino, fumettista, vignettista e regista 

Gabriella Stramaccioni, Garante comunale Roma dei diritti delle persone detenute o private della libertà  personale 

Olivia Tassara, giornalista 

Antonio Turco, coordinatore gruppo di lavoro persone private della libertà, Forum nazionale Terzo Settore Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano

 

SCARICA IL DOCUMENTO -> Lettera appello madri e bambini_Cittad.Att.

FUORI DAL CARCERE I BAMBINI! BASTA POCO PERCHÉ SIA REALTA’

Lettera congiunta per una riforma urgente della Legge 62/2011

Le scriventi organizzazioni chiedono con urgenza che la legge 62/2011, esempio di normativa innovativa e lungimirante al tempo della sua approvazione, venga oggi riformata per rispondere meglio alle esigenze dei bambini che vivono una condizione di detenzione al fianco delle loro mamme.

In particolare le stesse invitano il Parlamento a riattivare urgentemente il dibattito sul tema onde permettere l’approvazione di alcune modifiche all’attuale impianto normativo, non più rimandabili.

Obiettivi urgenti sono infatti: ridurre il numero di bambini (troppi) che ancora oggi varcano la soglia del
carcere anche quando questo potrebbe essere evitato, promuovere l’istituto delle Case Famiglia, oggi sola ed
unica reale alternativa alla detenzione, prevedere un impegno dello Stato anche in termini finanziari affinché
ai bambini sia dato effettivamente di ridurre al minimo l’esperienza della detenzione.

L’Italia deve disporre di una legislazione in materia di infanzia in grado di assicurare sempre il rispetto del superiore interesse del minore e questo, a maggior ragione se i bambini destinatari delle sue disposizioni vivono una condizione di estrema vulnerabilità, quale quella causata dalla detenzione con la propria mamma.

Nonostante la legge 62/2011 abbia introdotto delle forme di tutela nuove, in favore delle madri detenute con
bambini, sia in fase di custodia cautelare, sia di detenzione speciale, con l’istituzione delle Case Famiglia
Protette, tuttavia restano ancora molti i nodi da sciogliere.

Il principale problema, infatti, è che oggi i bambini possono ancora varcare la soglia del carcere sia in via
cautelare, sia in esecuzione pena della madre.

Al 30 giugno 2020 in tutta Italia le madri detenute con al seguito bambini sono 29 per un totale di 32 bambini, pochi se comparati alla popolazione carceraria complessiva e pur tuttavia assolutamente troppi se si considera che si potrebbe evitare per molti di loro la sofferenza del carcere.

Di questi bambini, infatti, ben 20 sono ancora nelle carceri e 12 negli Icam.

Va ricordato che gli Icam, per quanto siano espressione di una detenzione attenuata, restano tuttavia strutture carcerarie, pertanto non idonee ad accogliere o crescere dei bambini.

Inoltre, l’introduzione degli ICAM di cui alla L.62/11 ha innalzato da 3 a 6 l’età dei bambini che possono
esservi accolti con evidenti ripercussioni sul piano della tutela del superiore interesse de minore.
Una cosa, infatti è crescere in una Casa Famiglia altra, invece, è crescere in un carcere, per quanto attenuato.

 

I PROBLEMI

Questi i fattori che contribuiscono a rendere il quadro di tutela dei bambini detenuti con le madri lacunoso e
non aderente al superiore interesse del minore:

– Accesso dei bambini in carcere anche per motivi cautelari in quanto la custodia cautelare in carcere
per la madre con bambino sino ai 6 anni è prevista ove sussistano esigenze cautelari di particolare
rilevanza; questo significa far accadere al carcere bambini in una età in cui non hanno bisogno solo
della madre ma anche di rapporti e stimoli con il mondo esterno.

– Accesso dei bambini in carcere in fase di esecuzione pena.

Pur avendo la legge 62/2011 introdotto le Case Famiglia Protette, il loro ricorso è limitato. Se
sussistono gravi motivi il giudice può infatti disporre l’esecuzione pena in un ICAM (Istituti
Custodia Attenuata per Madri). Negli ICAM i bambini possono stare sino a 6 anni, perché la legge
62/2011 ha innalzato l’età da 3 a 6 anni.

Ove non sussistano i requisiti per entrare in un ICAM, la pena viene eseguita in carcere e il bambino
segue la madre.

– Ricorso alla soluzione degli ICAM anche in casi in cui madre e bambino potrebbero avere accesso
alle Case Famiglia.

– Assenza di percorsi stabili di uscita dall’Icam (e/o dal carcere) per i bambini ivi reclusi atti a
garantirne l’inserimento educativo, sociale e culturale nel tessuto della comunità;- Assenza di progetti individuali dedicati al bambino su cui fondare e pianificare la sua vita in carcere e successivamente la sua uscita e frequente esclusione della madre dalla costruzione di questo percorso;

– Mancanza di progetti per favorire legami esterni al carcere a supporto del bambino e della
genitorialità (ad esempio con famiglie potenzialmente affidatari e/o risorsa);

– Confusione circa la natura delle Case Famiglia che dovrebbero accogliere madri e figli in esecuzione
penale esterna. Il termine ‘Protette’ infatti non è precisato nella normativa (non si prevedono cioè
servizi speciali al suo interno) e non è vincolante.

In molte Regioni si sono utilizzate case famiglia ‘normali’ e ben qualificate, a dimostrazione che la
norma rischia di inibire e limitare l’uso delle case famiglia in maniera veramente diffusa.

Quindi il termine ‘protetta’ rischia di creare confusione.

– Assenza di obblighi finanziari a carico dello Stato rispetto al sostentamento dei bambini e madri
detenuti che dovessero essere accolti in Case Famiglia.

LE NOSTRE RACCOMANDAZIONI E PROPOSTE

1. Che si riduca quanto più possibile l’accesso di bambini al carcere, comprendendo con questo termine
anche gli Icam, favorendo il ricorso alle Case Famiglia.

2. Che il ricorso agli Icam (sia in via cautelare che in esecuzione pena) sia limitato ai casi di
eccezionale gravità, onde evitare che bambini possano ancora varcare la soglia del carcere.

3. Che i bambini siano fatti uscire dagli ICAM assolutamente ai 3 anni e comunque si favorisca la loro
uscita anche già dal primo anno, ove possibile

4. Che il bambino a partire dal 9° mese di età sia inserito in via obbligatoria nei servizi della
primissima infanzia del territorio onde garantirne il pieno ed equilibrato sviluppo fisico, psicologico
e relazionale con la comunità dei pari e con l’esterno.

5. Che siano previste risorse ministeriali per l’accompagnamento del bambino all’esterno per la
frequentazione del nido e/o scuola materna e ciò non sia lasciato solo alla discrezionalità e
solidarietà del volontariato, stante l’importanza cruciale che questi servizi rappresentano per il
benessere del bambino. A meno che si stipulino accordi interistituzionali e si offrano finanziamenti
al volontariato stesso.

6. Che sia garantito un raccordo ed una progettualità condivisa tra i servizi del carcere e del territorio,
con coinvolgimento diretto della madre, volto alla costruzione del percorso di uscita del bambino
dal carcere.

7. Ove questa prassi ancora non c’è, che siano individuate soluzioni di accoglienza del bambino, che
possano essere condivise con la madre, al fine di favorire una previa costruzione di un rapporto di
fiducia e conoscenza, della famiglia affidataria ad esempio, essenziale per aiutare il bambino a
percepirla come nuovo ‘luogo’ di affetti e protezione.

8. Che nell’ottica di ridurre al massimo la frequentazione dei luoghi carcerari da parte del bambino,
siano favorite le attività ulteriori rispetto al nido e alla scuola dell’infanzia: laboratori, iniziative di
svago e gioco etc. In quest’ottica sia quindi promosso e favorito l’istituto dell’affidamento diurno
(affidamento ad una famiglia e/o singola persona individuata dal Comune che accoglie il bambino
durante il giorno, mentre la sera e in caso di malattia il bambino resta con la madre). Solo ed
esclusivamente per le residue ore in cui il bambino è costretto a frequentare il carcere si chiede che
tali attività siano previste anche al suo interno.

9. Che sia effettivamente promosso e reso accessibile l’istituto delle Case Famiglia, prevedendo
pertanto di:
– eliminare il vincolo normativo che prevede che la realizzazione delle Case Famiglia sia senza
oneri aggiuntivi per lo Stato
– prevedere il pagamento della retta del nucleo mamma – bambino a carico del Ministero o
dell’ente locale si cui insiste la Casa Famiglia

10. Che sia eliminato il termine ‘protette’ che induce a ritenere erroneamente che per poter fungere da
Casa Famiglia una comunità debba avere specifici requisiti che ad oggi non trovano un richiamo
nella normativa e dunque non sono vincolanti

11. Che sia quindi favorito l’accesso alle numerose strutture che oggi, presenti sul tutto il territorio,
possono fungere da Case Famiglia, avendo competenza ed esperienza nella cura, protezione e tutela
di nuclei mamma – bambino vulnerabili.

Associazione A Roma, Insieme – Leda Colombini”
Giovanna Longo
Presidente
La Gabbianellaù