Il Sole 24 Ore, 23 dicembre 2014

La lunga stagione del quotidiano scontro frontale tra politica e magistratura, che ha “paralizzato” il confronto parlamentare sulla giustizia, è alle spalle, forse non ancora archiviata, ma il clima è cambiato e per le riforme si intravede un percorso diverso.

Tuttavia, le parole che Giorgio Napolitano pronuncia nell’Aula Bachelet di Palazzo dei Marescialli ricalcano in gran parte quelle dette e ripetute nei nove anni della sua presidenza della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura. Il punto di maggiore criticità resta la mancanza di una “visione strategica proiettata nel futuro”, che finora non ha consentito al sistema giudiziario di essere “efficiente, funzionale, trasparente” e, quindi, di dare “certezze e garanzie” sia ai cittadini sia alle imprese “per il recupero di competitività della nostra economia, cui è associato il tema, oggi particolarmente dolente, dell’occupazione”.

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Napolitano non esprime giudizi sull’azione del governo, ma rileva che “purtroppo la situazione, nonostante qualche miglioramento negli anni recenti, continua ad essere insoddisfacente”. E dice subito che, sia nel civile che nel penale – dove “colpiscono l’intensità del diffondersi della corruzione e della criminalità organizzata”, sarebbe illusorio affidare ogni speranza di miglioramento a modifiche normative: la partita si gioca anche e soprattutto sul fronte organizzativo, “sull’ottimizzazione della gestione delle risorse, umane e strutturali” affidata ai poteri dei capi degli uffici, Tribunali e Procure. L’azione repressiva di queste ultime resta fondamentale, anche se in passato ci sono stati “impropri protagonismi”.

A poche settimane dalle sue annunciate dimissioni, l’ultimo discorso di Napolitano al Csm ha il sapore di un lascito anche se nella replica – a braccio – il presidente entra a piene mani nell’attualità giudiziaria, politica e istituzionale. Parla dell'”intreccio inedito fra corruzione e mafia”, un “nodo molto grosso”, che presenta anche un altro aspetto, “il terzo lato del triangolo”, quello della politica. “Questo lato deve essere ben qualificato anche per non ricadere in discussioni stucchevoli che rimbalzano tra la politica e la magistratura”. L'”ipertrofia legislativa” degli ultimi 20-30 anni forse è sembrata il modo migliore per rispondere a un’emergenza, osserva Napolitano denunciando però anche una “degenerazione dei canali della produzione legislativa”: è cresciuto il ricorso alla decretazione d’urgenza, ai maxiemendamenti e agli articoli unici con migliaia di commi.

“Mi rammarico che tra i sostenitori e i critici della riforma del bicameralismo paritario nessuno abbia colto la necessità e la funzionalità di questa riforma rispetto alla produzione legislativa, per riportarla su un piano costituzionalmente corretto” osserva il presidente, secondo cui il bicameralismo perfetto è stato “il principale passo falso dell’Assemblea costituente”. La riforma può servire a uscire da quella degenerazione, ha aggiunto, auspicando che il governo rifletta su questo tema e sappia resistere “alle pressioni a legiferare continuamente”. Quanto alle riforme della giustizia, “occorrono provvedimenti sobri, essenziali e ben fatti. E investimenti, perché le riforme a costo zero sono solo una meravigliosa utopia”.

Già nel suo discorso aveva ammonito a legiferare con “ponderazione” evitando interventi “disorganici o ispirati a situazioni contingenti”, mettendo appunto l’accento di più sull’organizzazione dell’amministrazione giudiziaria. Un tema che inevitabilmente chiama in causa la scelta, i poteri e le responsabilità dei dirigenti.

Quanto alla prima, Napolitano è tornato sul peso delle correnti, “che possono essere una ricchezza” se non si trasformano in strumenti di potere (a tale proposito il vicepresidente Giovanni Legnini ha auspicato che le nomine siano “tempestive” e “non esposte alle forche caudine di interminabili tentativi di mediazione”); quanto a poteri e responsabilità dei capi degli uffici, il presidente ha ribadito – anche alzando il tono della voce – che “l’attuale quadro normativo” fa del Procuratore della Repubblica il “titolare esclusivo dell’azione penale”, colui al quale spettano “funzioni ordinatrici e coordinatrici”.

Nelle sue parole si legge chiaramente un riferimento anche allo scontro alla Procura di Milano. Napolitano non ha cambiato idea: il controllo di legalità e la stessa funzione giurisdizionale si tutelano con un “giusto bilanciamento” tra i poteri di direzione e organizzazione dei Procuratori, a loro esclusivamente spettanti, e il contributo interlocutorio dei singoli pm appartenenti all’ufficio”. Equilibrio che va raggiunto attraverso “la reciproca cooperazione nel rispetto dei ruoli attribuiti dalla normativa primaria”.

 

Passi avanti per emergenza carceri ma molto da fare

 

Per porre fine alla emergenza carceri e al trattamento spesso disumano nei penitenziari italiani qualcosa è stato fatto ma “molto resta da fare” e dunque bisogna “perseverare affinando gli obbiettivi”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a ridosso del Natale, è tornato a “ribadire il contenuto del messaggio inviato alle Camere l’8 ottobre 2013” sulla drammatica situazione delle carceri in Italia.

“Mi fa piacere rilevare – ha scritto in risposta a una lettera sulle carceri ricevuta dal presidente della commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi- che, successivamente al mio messaggio, sono stati adottati provvedimenti che hanno contribuito a far diminuire sensibilmente il numero dei detenuti. Esso rimane comune maggiore della capienza massima degli istituti, ed è sempre elevata la quota dei detenuti in attesa del giudizio di primo grado. Molto rimane da fare, ma si è comunque avuto il segno di una maggiore attenzione verso il problema della condizione carceraria che deve convincere a perseverare ed a migliorare affinando gli obiettivi”. “Nel ringraziarti per le parole di riconoscimento che mi hai voluto tributare – ha aggiunto il capo dello Stato- auspico che, nell’interesse del nostro paese, il tuo infaticabile impegno su questi temi solleciti la sensibilità e la volontà del Parlamento e del Governo per raggiungere ancora maggiori e più ambiziosi risultati”.

 

Non fatto abbastanza per problema bambini

 

“Si tratta di un problema grave e delicato e sono al corrente delle difficoltà incontrate nell’attuazione della legge n. 62 del 2001 che ha previsto gli istituti a custodia attenuata, per la quale non vi è forse stato un sufficiente investimento strutturale ed una visione integrata di assistenza e sostegno per i figli dei detenuti”.

Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano risponde ad una missiva inviatagli da Luigi Manconi, presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato nella quale il senatore Pd esprimeva il suo rammarico per l’impossibilità di svolgere nel carcere di Rebibbia un convegno sul tema della “detenzione” dei bambini nelle carceri italiane (mediamente tra i 45 e i 60 bambini tra 0 e 3 anni (e talvolta oltre) si trovano a vivere in una cella per l’impossibilità delle loro madri di ottenere gli arresti o la detenzione domiciliare).

“È mancato, come purtroppo spesso accade – scrive il capo dello Stato, un lungimirante impegno di tutte le Istituzioni per dare all’innovazione legislativa le caratteristiche concrete che l’avevano motivata. Le strutture destinate ad accogliere i bambini per non allontanarli dalle mamme detenute sono poche e mal attrezzate e non consentono sempre di raggiungere lo scopo di garantire una continuità del legame familiare offrendo, nel contempo, la possibilità di recuperare la dignità del detenuto anche attraverso il rapporto affettivo.

Eppure, anche salvaguardando la continuità del rapporto familiare si favorisce il riequilibrio dell’individuo durante la detenzione. È un obiettivo che, se ben attuato, consentirebbe di aumentare le opportunità di recupero, sia per la crescita equilibrata dei bambini che per il reinserimento sociale della persona adulta ristretta in carcere”. Ricorda quindi il suo messaggio inviato alle Camere l’8 ottobre 2013 in seguito al quale “sono stati adottati provvedimenti che hanno contribuito a far diminuire sensibilmente il numero dei detenuti”, “molto rimane da fare, ma si è comunque avuto il segno di una maggiore attenzione verso il problema della condizione carceraria che deve convincere a perseverare ed a migliorare affinando gli obiettivi”.