“Senza respiro”: il carcere italiano al collasso!

Secondo il XXI Rapporto di Antigone le istituzioni penitenziarie vivono una crisi strutturale:

62.445 detenuti, su 51.280 posti regolamentari, con un tasso di affollamento reale al 133 %, in oltre 58 istituti oltre il 150 %.
Celle in cui mancano spazi minimi, spesso meno di 3 m² a persona, con corpi ammassati e diritti compressi.

Il titolo “Senza respiro” non è retorica: è la fotografia di un sistema dove ogni giorno si respira a fatica. I detenuti vivono in spazi oppressivi, con tensione continua, servizi essenziali carenti e personale allo stremo. Le conseguenze sul benessere psichico sono devastanti:

Record di 91 suicidi nel 2024, il massimo nella storia recente; azioni di autolesionismo in aumento (+4,1 %) e tentativi di suicidio (+9,3 %).
Isolamento sempre più diffuso, con misure disciplinari che escludono i detenuti da ogni attività e possibilità di reinserimento. In più, il decreto “sicurezza penitenziaria” criminalizza persino le proteste pacifiche, con la conseguente esclusione dei partecipanti all’accesso a misure alternative oltre l’aggravarsi del clima repressivo.

Perché è urgente parlarne?

Questo rapporto smaschera una ferita profonda del sistema carcerario: l’assenza di umanità, di percorsi rieducativi, di respiro, di dignità. I detenuti non sono “numeri”, ma persone che vivono in sofferenza permanente.

Un carcere che non respira è un carcere che implode, a scapito dei detenuti e delle detenute, dei loro cari, degli agenti, dell’intera comunità costituzionale.

Condividiamo queste considerazioni perché il carcere smetta di essere un luogo di mera sopravvivenza.

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Concluso il laboratorio di fumetto a Regina Coeli: un progetto che dà voce alle emozioni

Si è concluso con entusiasmo e grande partecipazione il laboratorio di fumetto che, negli scorsi mesi, ha coinvolto alcuni giovani detenuti del carcere di Regina Coeli. Un percorso nato grazie al contributo di tanti sostenitori attraverso una campagna di crowdfunding, e che ha visto i partecipanti impegnarsi con passione nella scoperta del disegno, della narrazione visiva e dell’espressione personale.

Guidati dal fumettista e illustratore Daniele De Sando, i partecipanti hanno mosso i primi passi tra fogli bianchi, matite, righelli e colori, apprendendo nozioni di anatomia e tecniche per dare vita a figure in movimento. Quello che all’inizio erano solo prove e risatine, è presto diventato qualcosa di più profondo: personaggi unici, capaci di raccontare emozioni, vissuti e storie personali.

Tra le illustrazioni finali: un ladro in fuga inseguito dalla polizia, un uomo che si gode un bicchiere di birra, un pappagallo in gabbia terrorizzato da un gatto, un detenuto che sbatte la porta con rabbia. Immagini che raccontano non solo fantasia, ma anche stati d’animo, pensieri, sensazioni.

Perché sì, i corsisti sono giovani detenuti, ma prima di tutto sono persone. Persone con un passato complesso, ma anche con il diritto alla dignità, all’ascolto e alla possibilità di esprimersi.

Un grazie sentito va a chi ha reso possibile tutto questo: ai volontari, agli operatori del carcere e a tutti coloro che hanno creduto nel progetto e lo hanno sostenuto con le proprie donazioni.

E mentre si chiudeva l’ultima giornata di corso, tutto sembrava chiedere attenzione, rispetto, umanità…anche l’eco della battitura che spesso accompagna le lunghe e afose giornate all’interno di un carcere!

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Leggi la news che il Ministero della Giustizia ha pubblicato su Giustizia News online

Giustizia minorile in crisi: più carcere, meno educazione e le Associazioni lanciano l’allarme!

Negli ultimi due anni, i ragazzi detenuti negli Istituti Penali per Minorenni (Ipm) sono aumentati del 55%: da 392 a 611, non così i reati.

Ma perché? Molto probabilmente, l’incremento della detenzione minorile è diretta conseguenza del Decreto “Caivano”, entrato in vigore nel settembre 2023 che ha ampliato la possibilità di custodia cautelare per i minorenni e ridotto l’utilizzo delle misure alternative al carcere.

Molti giovani vengono ora trasferiti nei penitenziari per adulti al compimento della maggiore età, anche se hanno commesso il reato da minorenni e potevano restare negli Ipm fino ai 25 anni. Una scelta punitiva, non educativa! Tutto questo, nonostante nel 2023 le segnalazioni a carico di minorenni siano diminuite del 4,15%.
Le associazioni Antigone onlus Defence for children Italia e Libera contro le mafie lanciano un appello urgente:
“Torni la cultura educativa nella giustizia minorile!” I giovani vanno accompagnati, non puniti. Aderisci all’appello!

Un fatto su cui si è espresso anche il portavoce della Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà personale, Samuele Ciambriello lanciando un appello alla politica, alle Regioni e al terzo settore.

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Chi tutela chi è privato della libertà?

Seria preoccupazione e motivato allarme.
Usiamo a ragione queste parole per giudicare la situazione, da tempo determinatasi, del sostanziale non regolare funzionamento degli Uffici del Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti e delle Persone sottoposte a limitazione delle libertà personali.
Ci richiamiamo a quanto pubblicato da varie testate circa le dimissioni, avvenute e preannunciate, di alcuni titolari di rilevanti funzioni appartenenti all’ufficio del Garante Nazionale. Dimissioni motivate dall’impossibilità a svolgere i delicati compiti assegnati.
Ad oggi la relazione annuale, cui per statuto e indicazione legislativa il Garante Nazionale è tenuto a redigere e rendere pubblica, non è conosciuta. Per tradizione, tale documento risulta essere di primaria rilevanza per la conoscenza delle tendenze e delle problematiche emergenti nelle realtà carcerarie.
E sappiamo quanto l’attuale realtà rappresenti un punto drammatico per tutto il Paese.
Ci rivolgiamo alla Presidente del Consiglio dei Ministri, On.Giorgia Meloni, al Ministro della Giustizia Nordio, ai Presidenti delle Commissioni Giustizia della della Camera e del Senato e a ciascuno dei relativi membri, affinché, nel pieno rispetto delle regole costituzionali e delle responsabilità di ciascuno, queste gravi disfunzioni ed inammissibili ritardi siano subito affrontati e superati.
Non dimentichiamo certo le ragioni (risalenti a circa dieci anni fa) che spinsero una pluralità di soggetti a salutare positivamente l’ingresso, nell’ordinamento italiano, dell’istituto del Garante. La nostra associazione era una di quelle voci ed oggi lo è in modo ancor più convinto.
Le volontarie e i volontari di “A Roma Insieme – Leda Colombini ODV”

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Sfumature di razzismo

“Nel cerchio dell’ascolto e della condivisione “

 

Il 24/04/2025 abbiamo dato voce ad un dibattito costruttivo e partecipato sulle varie sfumature del razzismo tra le mura del teatro del carcere femminile di Rebibbia.

A rompere il ghiaccio ci ha pensato Kwanza Musi Dos Santos, vicepresidente dell’associazione “QuestaèRoma”, mostrando un cortometraggio graffiante e sagace, realizzato da giovani di seconda generazione in Italia, che racconta i pregiudizi e le difficoltà vissute da chi ha la pelle scura o tratti “non europei”. Dopo la visione, Kwanza ha avuto cura di fornire le parole, i concetti e gli strumenti migliori per poter dare voce alle emozioni che gli episodi di razzismo evocano in ognuno di noi. 

Durante l’incontro, è stato proiettato – a cura dell’associazione “A Roma, Insieme-Leda Colombini” un breve documentario volto ad ispirare e rafforzare la speranza: la storia di una donna che ha vissuto proprio a Rebibbia con sua figlia. Uscita da Rebibbia, ha scelto un nuovo percorso di vita per offrire a sé stessa ed ai suoi figli la possibilità di vivere in un ambiente più sano e avere un futuro diverso.

Al dibattito ha partecipato anche l’associazione Romni APS, dove Saska Jovanovic Presidente dell’associazione e parte integrante della comunità rom e sinta, ha aperto uno spazio di riflessione sul razzismo sistemico e istituzionale.

L’incontro ha dato spazio a moltissime donne presenti per raccontare situazioni, luoghi e circostanze che le hanno viste in prima linea o spettatrici di episodi di razzismo nei loro confronti o della loro famiglia.

In conclusione, la nostra volontaria Shiva Lari Boroumand, utilizzando un semplice gomitolo di lana rossa, ha proposto un prezioso esercizio volto a condividere esperienze legate al razzismo. 

E così, ogni persona tenendo un capo del filo in mano, ha raccontato la propria esperienza, lanciando poi il gomitolo ad un’altra donna senza mai lasciarne un capo. 

Alcune donne hanno iniziato a condividere le proprie storie di discriminazione vissute sia nella società sia nella famiglia – facendo emergere con molta frequenza il tema del sessismo e della discriminazione che ne deriva, soprattutto nelle loro famiglie d’origine. Una donna ha anche parlato con grande amore e consapevolezza del rispetto per l’orientamento sessuale delle proprie figlie, dicendo: “Se mia figlia scopre di essere una persona trans o omosessuale, io la amerò sempre, vorrò sempre la sua felicità, e sarò sempre al suo fianco con il mio supporto.”

Terminati i racconti, tra tutte le partecipanti si estendeva una fitta rete di filo rosso, volto a creare una rete simbolica di ascolto, empatia e consapevolezza…una rete che unisce tutte. 


Perché essere vittime di razzismo non basta a renderci antirazzisti: il cambiamento comincia da noi, dal modo in cui impariamo a riconoscere e trasformare i nostri comportamenti.

Uscita al centro ippico – Sabato 3 maggio

Come descrivereste la gioia? Noi vi suggeriamo queste immagini per farlo. Armonia perfetta tra bambini e splendidi cavalli. Ringraziamo A.S.D. Horses and Angels per averci ospitato con tanta generosità e cura e 3TI Progetti per il sostegno che ha permesso questa esperienza davvero particolare.