Dalla parte dei bambini che vivono in carcere: uno spettacolo per dare voce a chi non ha scelto!

Da giovedì 27 a domenica 30 novembre

Dal 27 al 30 novembre al Teatro Cometa OFF andrà in scena uno spettacolo teatrale molto speciale: Apri e Chiudi, un bambino dietro le sbarre, la storia di un bambino cresciuto in carcere fino ai tre anni, raccontata con delicatezza dalla regista Bruna Mandolino che, colpita dalla sua vicenda, ha scelto di trasformarla in un copione intenso e profondamente umano, con il contributo della scrittrice Laura Masielli.
Crescere in un ambiente detentivo significa fare i conti con insicurezza, stimoli limitati, poca socializzazione
e una visione del mondo molto ristretta. Sono difficoltà psicologiche silenziose, che spesso restano invisibili, ma che segnano profondamente i primi anni di vita.
Partecipare allo spettacolo significa sostenere il nostro lavoro accanto alle madri detenute e ai loro
bambini.

Il ricavato finanzierà i nostri progetti e ci permetterà di continuare ad essere presenti dove c’è più bisogno.
Aiutateci a diffondere questa storia!
Perché più persone la ascolteranno, più questi bambini esisteranno davvero agli occhi del mondo.

Lo spettacolo si terrà al Teatro Cometa OFF in via Luca della Robbia, 47 a Roma

L’Assemblea Capitolina si riunisce nel carcere di Rebibbia

Un segnale forte per i diritti, la legalità e il reinserimento sociale!

In una seduta straordinaria e altamente simbolica, l’Assemblea Capitolina si è riunita lo scorso 23 settembre all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia. Un evento dal forte valore civile e istituzionale, che ha voluto portare la voce delle istituzioni romane in un luogo spesso dimenticato dal dibattito pubblico, ma centrale per affermare i principi di legalità, giustizia sociale e inclusione.

In una seduta straordinaria e altamente simbolica, l’Assemblea Capitolina si è riunita lo scorso 23 settembre all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia. Un evento dal forte valore civile e istituzionale, che ha voluto portare la voce delle istituzioni romane in un luogo spesso dimenticato dal dibattito pubblico, ma centrale per affermare i principi di legalità, giustizia sociale e inclusione.

Hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni comunali, della direzione del carcere, degli operatori penitenziari e, soprattutto, dei detenuti, che hanno avuto la possibilità di intervenire e raccontare le proprie esperienze, le difficoltà vissute e le aspettative per il futuro.

L’obiettivo dell’iniziativa è stato chiaro: ribadire che la pena non può e non deve mai essere solo punizione, ma deve puntare al recupero e al reinserimento sociale della persona. Il carcere, in questa visione, non è un luogo chiuso, ma parte integrante della città, che deve saper includere e non emarginare.

“Essere qui oggi significa affermare con forza che la città non si ferma ai suoi confini visibili,” – ha dichiarato il Presidente dell’Assemblea Capitolina – “ma entra anche laddove spesso la politica fatica ad arrivare. La dignità, i diritti e le opportunità devono valere per tutti, senza eccezioni.”

Questa seduta rappresenta un momento importante di ascolto e di responsabilità per tutta l’amministrazione capitolina, e si inserisce in un percorso più ampio di attenzione alle politiche di reinserimento, al lavoro penitenziario, alla formazione e alla tutela della dignità umana. Un messaggio di speranza e cambiamento!

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Intervista a Grazia Piletti, vicepresidente di “A Roma, Insieme – Leda Colombini”: l’impegno quotidiano tra Rebibbia e Regina Coeli

Il racconto di Grazia Piletti e i 13 anni di volontariato in carcere

Siamo contenti di condividere l’intervista a Grazia Piletti, vicepresidente della nostra Associazione, che da oltre tredici anni dedica tempo, ascolto e presenza alle persone detenute, in particolare alle madri con figli piccoli nel carcere di Rebibbia e ai detenuti di Regina Coeli. Un percorso iniziato quasi per caso, e diventato nel tempo una scelta di vita, in continuità con la visione e l’impegno di Leda Colombini, fondatrice di A Roma, Insieme.

Nell’intervista, Grazia ripercorre il significato profondo del volontariato penitenziario: la cura verso i bambini in carcere, l’importanza delle misure alternative, i progetti educativi e formativi, e le tante sfide che ogni giorno si affrontano, tra burocrazia, mancanza di risorse e pregiudizi duri a morire.

Il racconto restituisce uno sguardo autentico su un mondo spesso invisibile, ma che riguarda tutte e tutti: perché non c’è giustizia senza umanità e non c’è reinserimento possibile senza ascolto, accoglienza e opportunità concrete.

🔗 Leggi qui l’intervista completa pubblicata sul Quotidiano del Ministero della Giustizia

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Riprogettare il futuro: concluso il corso di alfabetizzazione digitale nel carcere di Regina Coeli

Dopo cinque mesi di incontri, si è concluso il percorso formativo “Alfabetizzazione Digitale per il Lavoro” all’interno del carcere di Regina Coeli.

In una piccola aula, tra righe di codice, database e framework, è nato molto più di un semplice corso: è nata una possibilità di cambiamento. Cinque persone detenute hanno preso parte al progetto, dedicandosi con impegno allo studio di HTML, MySQL e Laravel, ma soprattutto alla riscoperta delle proprie potenzialità. Tre progetti web realizzati, ore di confronto e collaborazione, e una trasformazione concreta, sia nelle competenze che nella fiducia in sé stessi. Grazie a questo percorso, infatti, uno dei corsisti inizierà un tirocinio retribuito, un primo passo importante verso il reinserimento sociale e lavorativo.

Il progetto è stato reso possibile grazie al sostegno del Fondo di Beneficenza di Intesa Sanpaolo, che ringraziamo per aver creduto in questa possibilità. Grazie anche a Yuna Studio e GM Ambiente & Energia per il prezioso supporto tecnico, e a tutte le persone che hanno reso possibile questo cammino.
Crediamo che la tecnologia, se proposta con cura e responsabilità, possa diventare un vero strumento di emancipazione e inclusione.

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“Senza respiro”: il carcere italiano al collasso!

Secondo il XXI Rapporto di Antigone le istituzioni penitenziarie vivono una crisi strutturale:

62.445 detenuti, su 51.280 posti regolamentari, con un tasso di affollamento reale al 133 %, in oltre 58 istituti oltre il 150 %.
Celle in cui mancano spazi minimi, spesso meno di 3 m² a persona, con corpi ammassati e diritti compressi.

Il titolo “Senza respiro” non è retorica: è la fotografia di un sistema dove ogni giorno si respira a fatica. I detenuti vivono in spazi oppressivi, con tensione continua, servizi essenziali carenti e personale allo stremo. Le conseguenze sul benessere psichico sono devastanti:

Record di 91 suicidi nel 2024, il massimo nella storia recente; azioni di autolesionismo in aumento (+4,1 %) e tentativi di suicidio (+9,3 %).
Isolamento sempre più diffuso, con misure disciplinari che escludono i detenuti da ogni attività e possibilità di reinserimento. In più, il decreto “sicurezza penitenziaria” criminalizza persino le proteste pacifiche, con la conseguente esclusione dei partecipanti all’accesso a misure alternative oltre l’aggravarsi del clima repressivo.

Perché è urgente parlarne?

Questo rapporto smaschera una ferita profonda del sistema carcerario: l’assenza di umanità, di percorsi rieducativi, di respiro, di dignità. I detenuti non sono “numeri”, ma persone che vivono in sofferenza permanente.

Un carcere che non respira è un carcere che implode, a scapito dei detenuti e delle detenute, dei loro cari, degli agenti, dell’intera comunità costituzionale.

Condividiamo queste considerazioni perché il carcere smetta di essere un luogo di mera sopravvivenza.

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