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C’è un mondo che non si vede, che non si sente, di cui si fa fatica a trovare il tempo di parlare. Eppure esiste una realtà che vive e cresce al di là delle sbarre, nelle carceri italiane. Sono i bambini. Sono i figli di detenute italiane e straniere che popolano le nostre celle e che, di fatto, vivono in un regime di detenzione indotto. Vivono accanto alle madri, vivono insieme alle altre detenute della cella, vivono imparando i ritmi delle aperture e chiusure di porte sbarrate, di cortili chiusi, di infermerie e di corridoi cancellati. Vivono spesso crescendo in ambienti angusti, con poche prospettive e con un vocabolario ridotto in cui “aprimi” o “si chiude” la fa da padrone.
Dal primo di gennaio 2014, le nuove norme che regolano il vivere in carcere dei figli con le madri detenute, stabiliscono la possibilità di poter stare insieme dalla nascita sino ai sei anni. Norme nuove ed equilibri tutti da stabilirsi. Per ora, il regime di detenzione ha conosciuto carceri occupati da bambini sino ai tre anni che, solo di rado, hanno la possibilità di rompere la monotonia ed il silenzio della reclusione.
Ci sono in Italia delle eccellenze. A Roma, ad esempio, nel carcere di Rebibbia, sono attualmente co-detenuti 18 bambini inferiori ai 3 anni. Per la gran parte stranieri. La loro vita in carcere è limitata ed alleviata dalla presenza di volontari che aiutano madri e figli ad interagire fra loro, a capirsi, a non perdere il contatto con la realtà. Vegliano su loro, dal 1991 i volontari dell’associazione “A Roma insieme” fondata da Leda Colombini.
Una convenzione fra il IV Municipio del Comune di Roma ed il Carcere di Rebibbia fa si che i bambini le cui madri abbiano prestato il consenso, possano trascorrere la loro giornata in asili nido comunali convenzionati. Sono accolti in comunità nido diverse sì che gli schemi di gruppo instaurati nel carcere siano rotti dalla varietà delle proposte educative e sociali nelle quali i bimbi vengono inseriti. I bambini lasciano il carcere dalle 9 del mattino sino alle 14:30.
Vivono realtà diverse in asili nido diversi fra loro, spiega la presidente dell’associazione Gioia Passarelli, per noi è importante che questi bambini conoscano modi e stili di vita diversi, opportunità e stimoli che li aiutino a crescere, a guardare il mondo con una prospettiva nuova. Nessun bambino varchi la soglia di un carcere perché nessun bambino può o deve essere recluso, continua Gioia Passarelli, il nostro compito di volontari è di costante vigilanza su ciascuno dei bimbi si che possano subire il minor danno possibile.
Parla con un calore speciale, Gioia Passarelli raccontando gli oltre vent’anni di vita dell’associazione, di lotta perché nessuno dimentichi i diritti del bambino; anni di lavoro con tanti volontari che immancabilmente ogni giorno ed ogni fine settimana animano le giornate dei piccoli e migliorano il rapporto mamma-bambino con laboratori di arte e musicoterapia; provano ad individuare linee di linguaggio che aiutano la loro vita in carcere, favorire il reinserimento sociale.
Ogni sabato, i volontari, in un rapporto uno a uno, animano le giornate dentro il carcere con momenti di crescita e laboratori in ambienti appositamente resi accoglienti. Si può anche uscire. I bambini sono condotti a passeggiate, al parco, a fare piccole gite, allo zoo. Si cerca di far loro vivere le esperienze “normali” come andare al supermercato a fare la spesa. Non mancano feste di compleanno e ricorrenze delle diverse religioni che puntualmente i volontari festeggiano intra moenia. Qualunque “azione” rompa gli schemi, la monotona ripetitività e doni stimoli è utile alla formazione della personalità di un bimbo, accresce la sua curiosità dichiara decisa Gioia Passarelli.
Ultimo successo? La biblioteca per bambini 0-3 anni nel carcere di Rebibbia. Un dono del lavoro dell’associazione e della chiesa valdese. “Siamo felici di questo traguardo ma non ci vogliamo accontentare. Ci farebbe piacere che anche altre realtà associative intraprendessero il nostro percorso, che non temessero le difficoltà che la burocrazia impone. Ci farebbe piacere essere d’aiuto anche ad altri volontari che avessero bisogno della nostra esperienza perché le difficoltà siano minori e si possano raggiungere meglio e più velocemente maggiori risultati. Il sovraffollamento delle carceri non è argomento ignoto ma poco si sa e si fa per il mondo dell’infanzia. I mezzi sono sempre troppo pochi ma se la volontà è grande, molto si può fare”.
14 gennaio 2014