TRAFFICO DI BAMBINI E FIGLI DI DETENUTI LA CINA “CAMBIA VERSO”

Organizzato nell’ambito di un tour europeo finanziato dalla Ue dall’associazione Morning Tears nata a Shanghai nel 1998 per la protezione dei minori in Cina, il workshop con una delegazione di funzionari cinesi che si è svolto ieri e oggi nella sede dell’Associazione “A Roma insieme, Leda Colombini” registra un bilancio senz’altro positivo. I funzionari governativi cinesi, infatti, hanno registrato le informazioni sul modello italiano di assistenza e protezione ai minori figli di detenuti, consolidato negli anni, a partire dal lavoro di Leda Colombini, e nello stesso tempo sono stati disponibili a parlare di quale sia la situazione in Cina attualmente in questo settore. Morning Tears che oggi ha centri a Pechino, Singapore, in Cambogia, Belgio, Danimarca, Spagna, Germania, ha proposto a A Roma Insieme di essere in Italia un punto di riferimento per il futuro. La delegazione cinese ha donato alla presidente Gioia Passarelli un medaglione d’argento in ricordo di questo incontro.

Il primo giorno del workshop non poteva prescindere dalla notizia comparsa la mattina sui giornali del traffico di neonati (11 in tutto) avvenuto nella provincia di Shandong, sventato dalla polizia.

In Cina, a testimoniare che il problema esiste, c’è un dipartimento del ministero di Giustizia “anti – traffico umano” e la sua responsabile,Wang Ying, era seduta al tavolo di A Roma Insieme. La funzionaria che ha firmato l’arresto della coppia di trafficanti che vendevano i bambini alle famiglie più abbienti,  ha detto che “ è in corso un controllo capillare delle forze di polizia nelle campagne, dove il traffico dei bambini appena nati e non registrati, sebbene perseguito penalmente, è all’ordine del giorno. Il governo – ha assicurato la funzionaria – ha impegnato apposite risorse per debellare questa piaga.

“Per quanto riguarda i figli dei detenuti – ha aggiunto – collaboriamo con le Ong presenti sul territorio come Morning Tears per assicurare ai bambini l’assistenza e il controllo necessari. In Cina non è previsto che i figli, anche se piccoli, entrino in carcere con le madri, come da noi. Dopo un ‘attesa massima di 6 mesi il giudice decide se in base al reato commesso, la madre può restare agli arresti domiciliari con il figlio o se deve andare in carcere. In questo caso il figlio viene affidato al nucleo familiare di appartenenza oppure trasferito in apposite strutture governative. Queste ultime sono aumentate negli ultimi dieci anni da 600 a 2500 in tutto il paese. E’ a questo punto che interviene la Ong con il lavoro e il sostegno dei volontari, anche a livello psicologico.

Molti dei bambini assistiti da Morning Tears hanno un genitore che ha ucciso l’altro. Alcuni sono stati oggetto di violenza fisica e domestica e comunque la maggior parte di loro presentano traumi e a volte problemi fisici. “I problemi dei bambini con un genitore in carcere sono destinati a crescere senza il riconoscimento della loro condizione di disagio e senza soluzioni adeguate per aiutarli – – ha sottolineato nel corso del workshop il medico belga fondatore della Ong, Koen Sevenants ,ma noi crediamo che ogni bambino – ha concluso – debba avere la possibilità di sviluppare appieno il suo potenziale e siamo impegnati a evitare che, al contrario, abbandonati, questi bambini prendano la strada sbagliata entrando nella vita adulta”.

A illustrare il metodo italiano di assistenza e protezione dei bambini figli di detenuti in carcere fino a 3 anni e fuori dalla struttura per ciò che riguarda la garanzia del rapporto con il genitore detenuto sono stati via via il vicepresidente di A Roma Insieme, Lillo Di Mauro che ha parlato dell’esperienza delle ludoteche nel carcere di Regina Coeli e Rebibbia, dove personale specializzato si prende cura dei bambini durante il colloquio tra i genitori, assicurando anche una cornice più distensiva. Di Mauro ha messo in evidenza anche “il ruolo del terzo settore nel nostro paese, pienamente riconosciuto e sussidiario al livello istituzionale”; l’avvocato Alberto Sagna ha fornito un quadro assai preciso della situazione giurisdizionale italiana attuale in materia di minori “che negli ultimi 10 anni ha senz’altro compiuto degli importanti passi in avanti”; l’ex provveditore regionale alle carceri del Lazio, Maria Claudia Di Paolo si è soffermata sulla imminente apertura, slittata a nuova data a causa della caduta della giunta Marino, della prima casa famiglia protetta, “vera alternativa al carcere per le detenute madri che aprirà i battenti a Roma con il finanziamento della Fondazione Poste Italiane”; Gustavo Imbellone, membro del direttivo di A Roma Insieme, ha tenuto a mettere in rilievo come ci sia ancora tanto da fare per quello che riguarda il “diritto allo studio dei ragazzi più disagiati come garanzia fondamentale per evitare ai figli di seguire la via dell’illegalità dei padri.

Una carrellata sulle attività svolte in carcere e all’esterno da A Roma Insieme l’ha fatta la presidente Gioia Passarelli che ha raccontato alla delegazione cinese delle “lezioni di arte terapia e musicoterapia svolte dai volontari per mamme e bambini”. Giovanni Giustiniani, ha parlato del progetto “sabato in libertà”che prevede l’uscita dei bimbi al sabato insieme ai volontari. Un progetto che, iniziato 20 anni fa, “ha alleviato sensibilmente le conseguenze anche psicologiche del regime di detenzione, sensibilizzando singoli volontari e aziende che ci hanno aiutato – ha detto – su un problema di cui la società civile deve farsi carico”. Oggi questo progetto sembra avere le ore contate, andando a raggiungere l’obiettivo principale dell’opera della fondatrice Leda Colombini: nessun bambino varchi più la soglia di un carcere. E’ stato lo stesso ministro della Giustizia, Andrea Orlando, infatti, a scrivere nella sua relazione sullo stato della Giustizia in Italia nel 2015 presentata il 21 in Parlamento che la presenza dei bambini in carcere che di fatto scontano la pena insieme alle loro madri detenute è in via di superamento. “Non mi consola il fatto – ha detto il ministro – che siamo quasi riusciti a dimezzarne il numero: erano 34 all’inizio 2015; sono, attualmente, 19. Si tratta di situazioni difficili , in cui il giudice decide di non poter concedere alle madri la detenzione attenuata. Ma si tratta di situazioni che, per un senso di umanità che non ci deve mai abbandonare, dobbiamo continuare a monitorare con grande attenzione, in vista del loro superamento”.